April 17, 2021 862

Dalla biologia alla simbologia del corpo

Prima di parlare di qualsivoglia patologia, sintomo o organo del corpo, voglio fare una premessa. Il mio cammino di conoscenza è iniziato quando “per caso” ho scoperto l’esistenza della “decodifica bio-logica”, che affronta la dimensione biologica e fisiologica collegandola al cervello, al sistema nervoso, all’embriologia e dunque fonda la propria comprensione del vivente sull’interazione tra psiche, specie biologica ed evoluzione.

Nel suo libro "L'impronta di nascita" Brebion cita un esempio per spiegare uno dei principali conflitti dell'uomo, quello di territorio. "Immaginiamo che io abiti in una casetta circondata da un giardino. Ogni mattina, la mia vicina attraversa il mio giardino per andare a lavorare o a fare la spesa, e la sera ripassa dalla stessa strada. Dato che mi è piuttosto simpatica, non oso dirle che questo mi dà fastidio e invece mi perturba molto. Il mio parere è che lei non rispetti il mio giardino e, visto che non mi sento capace di intervenire per porvi rimedio, l'interpretazione del mio cervello è: "il mio territorio è in pericolo". Nei termini di inconscio biologico animale, se il mio territorio è in pericolo, rischio di perderlo: bisogna trovare una soluzione per fare diminuire questo stress. Un animale urina tutt'intorno al suo territorio per marcarne i limiti e, nel mio inconscio biologico, se il mio territorio non viene rispettato, significa che non l'ho marcato abbastanza. Per il mio cervello, questo implica che il mio sistema urinario non è abbastanza efficace. Ne concluderà che la mia vescica non è abbastanza grande poiché non contiene urina a sufficienza perché io possa marcare bene i limiti del mio territorio. Una delle soluzioni sarà di scavare l'interno della mia vescica: ulcerando la mucosa interna, ne aumenta la capacità ed a lungo andare ne provocherà una cistite. Tutte le patologie dell'albero urinario hanno lo stesso significato, vissuto con minore o maggiore intensità."

Quando, quindi, un uomo non risolve un conflitto sul piano fisico o psichico, il cervello biologico crea una soluzione che si definisce patologia, nella realtà biologica, questa, è l’unica risposta di sopravvivenza. Questo nuovo modo di concepire la malattia mi ha risvegliata e catapultata fin da subito in un mondo affascinante, che mi consentiva da un lato di tenermi stretta la sicurezza di una certa “scientificità” nel leggere la patologia, e dall’altro, però, di considerare l’influenza della finora ignorata psiche sull’esordio di ogni malattia. Tuttavia, quando ti liberi dalle catene dell’apparenza e ti avvii sul cammino della conoscenza, capisci presto che la Verità non è mai un traguardo immediato, ma è una strada lunga, intricata e appassionata, forse infinita, di certo un lungo percorso che si arricchisce di tante viuzze, ognuna le apporta qualcosa di nuovo, ognuna le porta ricchezza e le concede di avvicinarsi maggiormente ad una visione completa, molteplice ed unitaria, allo stesso tempo, della realtà.

Così, presto, mi sono imbattuta nella psicogenealogia che vede ciascun individuo come il risultato di un sistema di relazioni verticale che risale fino agli antenati e ai traumi non risolti che ancora continuano a incidere sul presente, perché se la carica emotiva, il risentito emozionale, non si dissolve nell’arco di una vita essi rimangono attivi nell’inconscio familiare, distribuendosi sui componenti del sistema familiare. Athias, nell’ottica bio-psico-genealogica, afferma che l’uomo è l’erede dei programmi biologici inconsci dei genitori; se in un primo momento si arriva, quindi, al significato biologico della malattia, ora si può giungere al senso della malattia e quindi al progetto genealogico insito nella patologia. Siamo lo strumento del progetto dei genitori e lo realizziamo durante la nostra vita, nonostante questo non possono esistere né vittime né colpevoli perché gli stessi genitori hanno ricevuto il loro progetto dai loro genitori e noi stessi lo tramandiamo ai nostri figli.

Così come la Nuova Medicina si occupa della dimensione collettiva del vivente tramite la “memoria della specie” per spiegare la trasposizione biologica dei conflitti sul piano individuale e biologico come malattia, così la psicogenealogia si occupa dell’individuo dal punto di vista familiare e genealogico. La patologia, il sintomo, l’evento diventano una rappresentazione emotiva ricca di significato e il significato lo si estrapola sia dall’inconscio collettivo (nel senso di programma biologico ma anche nel senso di archetipi culturali) e anche da quello personale del paziente. Per fare questo è importante connettersi anche con la storia personale del paziente, lasciando che le sue stesse parole nella descrizione del sintomo penetrino e ci guidino nel suo personale significato, nella scelta dell’inconscio di soffermarsi proprio lì, perché ogni essere umano è diverso da tutti gli altri. Grazie all’inconscio collettivo possiamo trovare linee guida comuni, all’interno infatti ricadono tradizioni, cultura, storia, religioni ed aggiungerei leggi biologiche che hanno guidato la sopravvivenza fisica della specie. Quello personale è la parte, invece, che conferisce unicità alla persona, quello che si forma nei primi 7 anni di vita della persona, in cui entrano credenze, diktat e idee familiari. E’ in base a questo che la persona richiede che il terapeuta entri in risonanza con lui, si sintonizzi con il suo personale modo di esprimersi, per ascoltare quello che il suo specifico inconscio ha da dire. Tant'è vero, poi, che ogni singolo elemento ricapitola il tutto così accade che nella singola parola della patologia, o nella singola parola usata dalla persona nel descrivere il sintomo, sia già racchiuso il senso di tutto. Questo da una parte semplifica, dall'altro lato chiede che vengano abbandonati razionalità e metodi lineari, per abbracciare più la creatività, l'empatia, l'irrazionalità per trovare collegamenti tanto insoliti quanto immediati e intuitivi. Tornando all'esempio di Brebion la persona che non riuscirà a far rispettare il suo territorio si sentirà ignorata e annientata. In francese rene è rein e il suo anagramma rien significa niente, in ebraico deriva dalla radice Kalah, che parla di annientamento, patologie ai reni ci parlano proprio di tematiche di annientamento, annullamento e annichilamento.

BIBLIOGRAFIA:

Athias, G. Le radici familiari della malattia. Venexia

Balocco, M. Quando il sangue si esprime attraverso il segreto. L’artistica editrice

Bertoli, A. Le vere origni della malattia. Psico-bio-genealogia. Macro Edizioni.

Brebion, J. L’impronta di nascita. Edizioni Quintessence

Jung, C.G. L’uomo e i suoi simboli. Raffaello Cortina Editore