April 7, 2021 1141

L’inconscio da Jung alla biopsicogenealogia

"Ascolta, altrimenti la tua lingua ti renderà sordo"

Jung, con la sua psicologia analitica, diede grande spazio allo studio dell’inconscio e del percorso di individuazione dell’uomo, processo per diventare consapevoli del proprio funzionamento, necessario quindi per divenire Se stessi. In tale cammino, il conscio deve imparare a capire e ri-conoscere le manifestazioni dell'inconscio, così come il suo linguaggio per raggiungere la completezza del vero Sé.

Questo processo di conoscenza all'inizio può apparire destabilizzante, eppure necessario per comprendere appieno cos'è vivere. Se viaggio in un treno senza guardare fuori dal finestrino, sono solo le fermate e le partenze e gli improvvisi mutamenti di direzione che mi fanno capire che sto muovendomi. Il vero processo di individuazione, la presa consapevole di contatto con il proprio centro interiore o Sé, dice Jung, inizia generalmente con una lacerazione della personalità e con la sofferenza che ne consegue. Questo turbamento iniziale costituisce una sorta di chiamata, benché non sempre ci si renda conto di ciò. Al contrario, l'ego si sente attaccato e proietta l'ostacolo sull'ambiente esterno. Eppure tutto ciò che ci circonda è il nostro ologramma psichico, la nostra energia psichica che si proietta all’esterno di noi. Così l'ego accusa Dio, il governo, il marito ed addossa ad essi la responsabilità. “Tutto ciò che non sale a livello di coscienza diventa un destino.” Sembra così che il primo contatto con il Sé proietti nel tempo un'ombra scura, o che l'amico interiore si manifesti inizialmente come un cacciatore che sorprenda, nel suo nido, l'ego e lo impegni in un combattimento feroce. Quando un soggetto tenta di individuare anche gli aspetti più bui acquista coscienza di quelle qualità, di quei bisogni, di quegli impulsi che ha sempre negato, nascosto, represso, oscurato in se stesso, ma che ha spesso scorto negli altri. E sono proprio quegli aspetti altrui che più ci fanno arrabbiare a comunicarci qualche nostra dinamica interna. Se ho un taglio sulla mano, basta un innocuo soffio d’aria per provocarmi dolore, quella reazione ci sta dicendo che proprio in quel punto, io, ho una ferita da curare.

Anche la psicogenealogia ha come scopo di rendere cosciente ciò che è inconscio: essa permette di mettere in evidenza i traumi passati, le lealtà invisibili, i segreti inconfessabili che si esprimono attraverso il linguaggio segreto dell'inconscio, spesso disegnando messaggi sul corpo o sulla vita della persona. Ogni persona è spinta da un lato alla realizzazione di se stessa e dall'altro è schiacciata dai diktat familiari. Eppure è l'anima che ha scelto queste sfide, tramite questi ostacoli ci sono offerte delle prove per crescere e dei sintomi che non sono altro che i messaggi inconsci inviati per risvegliarci e lasciarci guidare dalla nostra anima che richiede di evolvere, quale compito per cui ha scelto di incarnarsi, proprio in questo corpo, proprio in questa persona con il suo carico familiare, generazionale e collettivo.

È necessario imparare a lasciare il "nostro cerchio familiare" affinché in questo movimento che ci porta da ciò che è noto verso l'ignoto, possiamo liberare la luce che è in noi. Attraverso la creatività possiamo trasformare consapevolmente la materia in luce. Cosa ci separa allora dalla creatività? L'ego, caratteristico della mente, e la memoria incestuale. Essa porta in sé tutto il peso delle tradizioni familiari contenuti nella nostra "impronta" che ci vengono ritrasmesse dalla famiglia e dall'educazione. Ci conduce ad abbandonare lungo il percorso quelle parti di noi che non sono conformi a ciò che ci si aspetta da noi. Ma la vita ci orienta, permanentemente, verso la luce, basta saperla ascoltare.

Freud diceva che il sogno è la via regia che porta alla conoscenza dell'inconscio, aggiungerei che lo è anche il sintomo, così come lo è tutto il mondo là fuori, tutto ciò su cui i nostri occhi e la nostra emotività si posa è un potenziale invito a superare le nostre ferite individuali e collettive e a far evolvere il nostro vero Sé, a lasciare che la creatività, guidata dalla Coscienza universale, si esprima superando la forza imitatrice proveniente dal passato. Questa realtà fuori di noi che parla di noi è spiegabile da Jung con il principio di sincronicità. C’è un’interdipendenza degli eventi oggettivi tra di loro e degli stati psichici e soggettivi dell’osservatore e degli osservatori. Se nel tragitto per andare al lavoro la gomma della mia auto si sgonfia, è stata la sfortuna o questo avvenimento dimostra che la psiche non può essere isolata dagli eventi che ci accadono, in altre parole che il mondo è una struttura psicofisica, e che la mia gomma si è sgonfiata perché io al lavoro quella mattina non volevo andarci, ma non ho saputo o voluto ascoltarmi. "Tra ciò che tu pensi, tu provi, tu credi e ciò che si manifesta nella vita c’è sempre sincronicità" dice Giovanni Vota. L'inconscio, nella realtà là fuori, a volte combattendo e a volte collaborando con il Superconscio, trova sempre il modo di ripetere le ferite inascoltate e irrisolte, quelle individuali vissute dalla persona nell'infanzia e quelle generazionali, con l'intento di liberare la persona dalla ripetizione inconsapevole. Vissuto in maniera consapevole, qualsiasi evento suscettibile di essere un fattore scatenante dei nostri programmi, cessa di essere una fonte di patologie e diventa invece una possibilità evolutiva, da tranello a tesoro affermava Jodorowsky: smettiamo di subire i nostri programmi e li trasformiamo in un trampolino per la crescita.

La presa di coscienza di questi aspetti, rappresenta, ci dice A.Bertoli, già il 70% della guarigione eppure c’è la necessità di comunicare proprio con quella parte inconscia, il motore del risveglio, utilizzando l'unico linguaggio che lei comprende. Qui interviene l'atto paradossale, simbolico, psicomagico, terapeutico, come lo vogliamo chiamare, un atto pratico carico di valore simbolico, perché l'azione pratica è l'unica che l'inconscio recepisce. Quando la spia del rifornimento dell’auto si accende, non basta comprendere il significato di quell’accensione affinché l’auto continui a funzionare, è, ovviamente necessario fare benzina, ovvero agire. In termini fisici la presa di coscienza agisce sulla neocorteccia, mentre l'atto sulla psiche arcaica. Qui si stabilisce un nuovo equilibrio, un avvio di una nuova strada, un cambiamento che si oppone alla sterile ripetizione, un appagamento per l'anima incarnata al fine di compiere determinati compiti. Alla fine non si tratta di una lotta contro la memoria familiare, si tratta di riappropriarsene, senza che invada la nostra aspirazione profonda, per poter accedere alla nostra creatività e scorgere la luce. “Prendere coscienza del nostro programma - inconscio - ci rende liberi di scegliere come meglio viverlo. Questa libertà appartiene ad ognuno di noi.”



BIBLIOGRAFIA:

Athias, G. Le radici familiari della malattia. Venexia

Balocco, M. Quando il sangue si esprime attraverso il segreto. L’artistica editrice

Bertoli, A. Le vere origni della malattia. Psico-bio-genealogia. Macro Edizioni.

Brebion, J. L’impronta di nascita. Edizioni Quintessence

Jung, C.G. L’uomo e i suoi simboli. Raffaello Cortina Editore